A partire dal 1870 si sviluppò in Italia l'industria del seme-bachi. Essa nacque soprattutto in conseguenza di una tragica epidemia di pebrina (atrofia parassitaria o mal delle petecchie, una malattia del baco che rendeva sterili le farfalle) sviluppatosi tra il 1855 e il 1875, prima in Francia e poi negli altri paesi europei e che si rivelò un vero flagello per la bachicoltura.

Il ciclo produttivo dell'allevamento dei bachi e della lavorazione della seta, imponeva quindi una nuova gestione professionale per la produzione del seme, sottraendolo all'empirismo degli allevatori e ricorrendo a severe selezioni dei riproduttori utilizzando nuovi esami microscopici ed applicando il metodo della riproduzione cellulare studiata da Cantoni e da Pasteur.

Altra causa determinante per la nascita dell'industria del seme-bachi, fu l'introduzione, in affiancamento alle razze pure, di incroci preparati volta per volta tra razze asiatiche e razze europee, operazioni queste che non potevano certo essere fatte in abitazioni private.

Il territorio ascolano assunse un ruolo di prestigio e di preminenza nell' industria della produzione del seme-bachi, tanto che nel 1904 esistevano 52 stabilimenti nel circondario di Ascoli su un totale di 146 in tutta Italia. Nel 1908 gli stabilimenti salirono a 70, con una produzione annua di circa 450 mila once di seme (1 oncia equivale a circa 30 gr).

Nel 1926 la produzione Ascolana raggiunse 500.000 once su un totale nazionale di 1.000.000 di once. L'industria semaia italiana oltre a raggiungere notevoli dimensioni si pose anche all'avanguardia nel campo delle conoscenze scientifiche, tanto che lo stesso Giappone, nel periodo tra le guerre, attinse ampiamente all'esperienza e alla tecnica sviluppate nel nostro Paese.

Con il passare degli anni però, l'industria bacologica nazionale subì una notevole contrazione a causa del calo dei prezzi della seta dovuto alla concorrenza dei prodotti giapponesi. L'avvento delle sete artificiali, rappresentò poi il colpo decisivo per le sorti dell'intero comparto bacologico italiano. La crisi dell'industria del seme-bachi che si era già manifestata a partire dagli anni '30 portò via via tutte le ditte ascolane alla chiusura dell'attività.

A livello nazionale nel 1956 la produzione scese a 82.000 once. Alcuni imprenditori ascolani negli anni 50 e 60 cercarono di fare nuovi investimenti nel settore ma senza successo. Attualmente il seme-bachi non viene più prodotto in Italia; esso viene totalmente importato dal Giappone ed in misura minore dalla Cina e dalla Turchia.